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“Non doveva accadere”. Non usa mezzi termini, Alessandra Romano, segretaria generale dello Spi Cgil Roma e Lazio, per denunciare insieme ai colleghi di Fnp e Uilp pensionati, i ritardi con cui l’Unità regionale di crisi ha inviato lettere ai Prefetti, ai Direttori generali delle Asl, a tutti i sindaci della regione per iniziare un monitoraggio nelle strutture per anziani e capire cosa stesse accadendo nelle Rsa e Case di Riposo, circa 600 in tutto, con 12 mila posto letto .
Solo dopo le denunce e le richieste pressanti delle tre organizzazioni sindacali, i controlli, stavolta a tappeto, sono stati finalmente avviati. L’ultimo bollettino parla di 534 strutture controllate.

Il prezzo però, è inaccettabile: 174 persone decedute nelle Rsa, senza contare i tanti ospiti e gli operatori contagiati. Per la Romano, nulla è avvenuto per fatalità.
“Abbiamo denunciato all’assessore alla Sanità del Lazio D’Amato lo stato di criticità in cui versavano le strutture residenziali. I controlli effettuati hanno aperto lo scenario sul mancato rispetto dei criteri per cui queste strutture hanno ottenuto l’accreditamento, sugli organici ridotti al minimo e spesso sottoinquadrati. Lavoratrici e lavoratori privati di diritti e del riconoscimento delle professionalità. Ci sono casi in cui il responsabile della direzione della struttura non aveva neanche i requisiti per svolgere la sua funzione. Tutto questo è anche frutto della trasformazione, con la privatizzazione, delle Rsa e delle Case di riposo in un grande business per piccoli e grandi potentati. Se a questo si aggiungono un numero di controlli né sufficienti né sistematici, si capisce perché alla prima tempesta il castello sia crollato”.

Sull’inquadramento del personale, i dati forniti da Spi, Fnp e Uilp rendono bene l’idea di una “prassi” consolidata ormai da anni. “Gli operatori con contratto a termine sono il 32 per cento e il 35 per cento degli addetti è impiegato nei servizi generali e amministrativi. Per coloro che lavorano nelle Rsa, le categorie della Funzione pubblica di Cgil, Cisl e Uil si sono rifiutate di firmare il contratto Aiop Rsa, perché abbassava il livello dei diritti e delle retribuzioni”.

“Alla Regione – afferma la segretaria generale dello Spi Roma e Lazio – abbiamo posto l’urgenza di avviare un confronto per rivedere il sistema delle Rsa e avviare un riordino che serva anche a fare uscire dal sommerso quelle strutture inadeguate ad ospitare gli anziani e i disabili”.

Tanto più, questo vale per le strutture che ospitano, o dovrebbero ospitare, anziani autosufficienti, dalle case albergo alle, case famiglia eccetera, sulle quali la mancanza di trasparenza è ancora maggiore. Un’idea la fornisce un dato inserito in una ricerca dello Spi Cgil nazionale sulle residenze per anziani condotta dall’Ires Lucia Morosini. Solo il 13,3 per cento delle strutture per anziani del Lazio ha una Carta dei servizi, il documento che informa familiari e utenti sui livelli di qualità attesi per un dato servizio e sulle modalità di fruizione dello stesso e che impegna i soggetti erogatori a rispettare determinati standard qualitativi e quantitativi, allo scopo di monitorare e migliorare le modalità di fornitura e somministrazione dei servizi agli ospiti.

“Su tutto ciò che è accaduto – conclude la Romano – qualche responsabilità ci dovrà pur essere e vogliamo sia fatta chiarezza. Alla sanità del Lazio chiediamo di confrontarci, vogliamo conoscere gli esiti dei controlli in corso. La trasparenza sulla situazione consente a tutti di capire per cambiare ciò che non va. Anche riportando in mani pubbliche un servizio che per gli anziani non può servire né come parcheggio né come “ultima fermata” né tantomeno come un lazzaretto”.

Articolo pubblicato su www.libereta.it